Una crisi dimenticata, ma non per questo meno grave, anzi, il Sudan è in ginocchio e mentre il mondo guarda est alle più vicine Gaza e Ucraina, a sud, a ridosso dell'equatore, si consuma una tragedia dei numeri impressionanti. 12 milioni di sfollati, soprattutto interni e 25 milioni di persone, quasi la metà dei 41 milioni che costituiscono la sua popolazione, che vivono solo degli aiuti umanitari, aiuti che sono insufficienti per fare fronte alla catastrofe e che arrivano tra enormi difficoltà. Come già vent'anni fa al centro del conflitto il Darfur, area strategica al confine tra la Repubblica Centrafricana, Ciad e Libia, ricco di terre rare e da sempre conteso dalla comunità araba e musulmana e quella nera e cristiana animista. Sono le milizie indipendentiste arabe con i micidiali Janjaweed, i diavoli a cavallo, ad avere adesso il controllo dell'area. Dopo mesi di assedio è caduta infatti anche Al Fashir, l'ultima grande città non ancora controllata dalle forze di supporto rapido. Una caduta che segna un punto di non ritorno Le RSF sono entrati in città dopo settimane di combattimenti casa per casa e subito si sono moltiplicate le denunce di massacri di civili, esecuzioni sommarie e quartieri bruciati. Migliaia di persone sono tuttora in fuga verso il nulla, non c'è una via sicura, non c'è un corridoio umanitario, non c'è più una città capace di accoglierle, il sistema sanitario è al collasso, gli ospedali distrutti, i medici scomparsi, le scorte finite. Sul piano politico la RSF consolida un'amministrazione parallela nelle aree conquistate. Un segnale chiaro. Il paese rischia di frantumarsi definitivamente. Washington ha proposto un cessate il fuoco umanitario, le RSF hanno dato disponibilità, l'esercito no, in mezzo un governo che non governa più. .























