Shanghai è in lockdown anti covid dal 28 marzo. Sui social cresce la rabbia fra i quasi 26 milioni di residenti bloccati nelle case alle prese con grosse difficoltà per ottenere carne, riso e altri generi alimentari essenziali; crescono quindi le lamentele per i supermercati on-line vuoti e le difficoltà di consegne per le richieste troppo numerose. Un lockdown che sarebbe dovuto finire il 5 aprile con la consueta politica cinese di tolleranza zero fatta di tamponi a tappeto e isolamento, ma che invece si è scontrato con un continuo aumento dei casi quasi 20mila al giorno. La maggior parte dei positivi è a Shanghai dove è stato allestito il più grande ospedale di emergenza nel polo commerciale; l'ospedale occupa un'area di circa 600mila metri quadrati e ha una capacità di 50mila posti letto. Il vicesindaco di Shanghai ha assicurato che la metropoli ha riserve sufficienti di riso farina olio e carne e verdure. Il cibo rassicura il vicesindaco può essere trasferito anche da altre città. Fra le misure annunciate anche un canale di emergenza sulle piattaforme di ecommerce in cui ad esempio le consegne di prodotti materni e infantili quindi il latte in polvere per bambini avranno la priorità. A preoccupare indignare specie sui social è però la questione della separazione dei minori contagiati dai genitori, risolta solo in parte. Chi risulta positivo anche se asintomatico non può isolarsi in casa ma deve essere portato in strutture adibite per la quarantena. Alcune delle quali consentono ora le sistemazioni familiari a seguito delle proteste. La tolleranza zero in Cina prevede dunque ancora un lockdown totale con palazzi avvolte in barriera di legno o plastica, con i lucchetti e le strade sorvegliate dai vigilantes. Chi lavora in attività considerate essenziali è costretto al lockdown in ufficio. Sui social sono comparse foto di tende da campeggio e sacchi a pelo in sale riunioni e vicino alle scrivanie.























