Nessuno vuole la guerra ma tutti si dicono pronti alle armi. E dunque, da parte israeliana il monito è preciso: abbatteremo chi ci aggredisce minaccia il premier Benjamin Netanyahu prima di ordinare raid aerei su Gaza e Sud del Libano da dove giovedì sono state lanciate decine di razzi contro i villaggi della Galilea. Ma anche l'esecutivo di Beirut che fa subito smantellare una rampa di lancio da un campo profughi palestinese, risponde con toni simili attraverso il suo Ministro della Difesa che chiarisce: l'esercito libanese è pronto ad affrontare ogni aggressione. E poi c'è Hasbollah dove a rompere un silenzio durato più di un giorno, ci pensa il numero 2 del Movimento sciita libanese spiegando come l'asse della resistenza anti israeliana rimanga vigile. Un asse che vede Hezbollah, Hamas, jihad islamica uniti con l'Iran contro Gerusalemme. E se la retorica della Repubblica Islamica sulla condanna dell'escalation che gli Ayatollah attribuiscono a Gerusalemme per le sue continue e sanguinoso operazioni militari nei territori palestinesi appare scontata, a criticare Israele senza riserve c'è anche la Turchia di Erdogan che parlando con il suo omologo iraniano Raisi, sostiene come il mondo arabo debba unirsi in difesa dei palestinesi. Palestinesi che, intanto, firmano un attentato nella Valle del Giordano che ha ucciso due donne israeliane. Ed anche se Gerusalemme è stata attenta dove colpire in Libano per evitare che Hezbollah si sentisse obbligata alla rappresaglia, il Capo di Stato Maggiore israeliano ordina intanto di richiamare riservisti inquadrati nelle difese aeree e nell'aviazione, segno che la violenza nell'area non è finita. Forse è solo appena iniziata.