Crisi in Ucraina, il racconto della povertà del paese

04 feb 2022
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A Kiev, esiste ancora il vuoto a rendere. E non è una misura ecologista, serve per sopravvivere, per raggranellare quegli spiccioli che permettono di comprare da mangiare. Quello che sconvolge della crisi Ucraina, è come si discuta continuamente di armamenti e strategie diplomatiche, senza mai ricordare, in che condizioni viva la maggior parte degli oltre 40 milioni di abitanti del paese. Appena si esce dai confini del centro della capitale, ricchi di luci e negozi europei, Kiev sa anche essere bellissima, lo scenario cambia radicalmente. Enormi e fatiscenti palazzoni sovietici adibiti a dormitori, mercati poveri con poco cibo in vendita. Difficoltà ad arrivare a fine mese per quasi tutti. Quello che i numeri economici certificano, è che dal 2014 la guerra è il principale fattore della povertà del paese. La Casa della Misericordia di Kiev, è una delle tante associazioni che provano ad aiutare i più disperati, accogliendoli a dormire, nutrendoli, sostenendoli nel tentativo di trovare un lavoro. La città soprattutto a queste temperature, ci mette poco a uccidere. Uscendo dalla città, e addentrandosi nelle campagne, il quadro non migliora di certo. Anzi, i salari sono ancora più bassi, e i villaggi sono sempre più decadenti. Si spopolano e chi resta, campa a malapena. E allora, se il quadro urbano e rurale è questo, la domanda viene spontanea. Perché in Ucraina? Perché per la Russia è così importante? L'Ucraina è si ricca di materie prime come il carbone e il gas, ma quasi tutte le risorse migliori e le industrie erano in Donbass. Quindi di fatto sono sotto il controllo Russo, e anche per questo l'economia qui è così in difficoltà. la Crimea poi era il luogo turistico per eccellenza, anche quello diventato Russia. E adesso, dopo 8 anni di crisi economica dovuta alla guerra, con lo stanziamento di oltre 100 mila militari schierati al confine, si sono aggiunte la fuga degli investimenti stranieri, e la scomparsa dei turisti dalla Capitale. Così queste azioni di politica estera giustificate da nobili principi, come le radici comuni tra le due culture, si traducono in una sorta di accanimento terapeutico verso un popolo stremato, che i russi si ostinano a definire fratello.

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