Era da 30 anni che a Cuba non andava in scena una protesta di massa così grande. Nel mirino ci sono il Presidente Díaz-Canel, la dittatura comunista e una situazione economica che continua a peggiorare anche a causa della pandemia. Che da un lato ha messo in ginocchio, definitivamente, il settore del turismo, fonte di reddito principale del paese, e dall'altro ha contribuito alla carenza di cibo e medicine. Il governo cubano, che fin dall'inizio delle proteste ha negato che queste siano scoppiate a causa del malcontento o il disagio sociale, ha deciso di utilizzare in via del tutto eccezionale, fino alla fine del 2021, la possibilità per i cubani di riportare in patria cibo, medicine e prodotti per l'igiene dai loro viaggi all'estero. Senza dover pagare tasse doganali e senza limiti di valore. Una prima concessione da parte del governo cubano dunque, per gestire la situazione degli ultimi giorni. Ma la gestione delle manifestazioni antigovernative è seguita anche dai paesi vicini e dalla comunità internazionale. Divisi tra detrattori dell'Avana, al primo posto gli Stati Uniti che richiedono il rilascio immediato di manifestanti, e dai sostenitori del regime cubano, quali la Russia e gran parte del mondo latino americano. E se gli Stati Uniti e i paesi europei, prima fra tutti la Germania, condannano le violenze del governo cubano, a Washington cresce però la preoccupazione che questa situazione possa portare un'ondata di rifugiati verso gli Stati Uniti che, secondo il Segretario alla sicurezza interna americano, verrebbero rimpatriati.