E adesso che Donald Trump inizia a raffreddare i toni, è il Presidente cinese Xi Jinping a tenere alta la temperatura. Sui dazi, insomma, si gioca all'altalena, con Pechino che prova a mantenere il punto: "Nessun colloquio in corso con Washington", la netta presa di posizione del Ministero del Commercio, "Le indiscrezioni al riguardo sono infondate". Riferimento esplicito a quanto fatto intendere poche ore prima da Trump. Alla domanda se stesse attivamente parlando con la Cina, il Presidente ha risposto secco: "Tutto è attivo. Tutti vogliono essere parte di ciò che stiamo facendo". Forse non proprio tutti, visto che il tentativo di portare i cinesi al tavolo delle trattative per ora resta nelle mezze parole. A restare nei fatti, dopo la corsa ai rilanci, sono i dazi reciproci altissimi. "Nessuno pensa che la situazione attuale sia sostenibile", ha ammesso il segretario al tesoro Scott Bessent, incontrando alcuni investitori. Un messaggio rassicurante destinato a Wall Street, che dal 02 aprile, giorno del cosiddetto Liberation Day, di messaggi allarmati ne ha lanciati eccome. Bessent ha riconosciuto di essere alla ricerca di una de-escalation con Pechino, per dare "al mondo e ai mercati un segnale di sollievo", secondo quanto trapelato. Nel frattempo, Trump prova ad abbassare i toni anche con Jerome Powell, il numero uno della Banca Centrale Americana, accusato apertamente di essere in ritardo nell'abbassare i tassi di interesse. Mossa che The Donald brama per evitare i rischi recessivi dovuti appunto ai dazi. .