Si gioca in mare e soprattutto sul petrolio l'ultima sfida tra le due potenze del Medio Oriente, da una parte c'è l'Arabia Saudita e dall'altra l'Iran. E così un altro elemento di tensione nel Golfo si aggiunge a quelli già presenti sullo sfondo delle minacce di Teheran di chiudere lo Stretto di Hormuz, dove passa circa un terzo del greggio mondiale. Minaccia a cui l'Arabia Saudita risponde affermando che due sue petroliere sono appena state danneggiate mentre transitavano al largo degli Emirati Arabi e parlando di quello che definisce un sabotaggio, i cui contorni restano, però, oscuri. Perché i danni sarebbero stati causati da esplosivo iraniano, anche se Teheran nega ogni responsabilità, accusando potenze straniere di voler destabilizzare ulteriormente la Regione. E sulla questione plana, dunque, con tutto il suo peso Washington, stretto alleato dell'Arabia Saudita e rapido nell'inviare altri aerei da guerra in zona. Ma non solo. Donald Trump ha già minacciato l'Iran di gravi conseguenze se dovessero emergere delle responsabilità del regime degli ayatollah negli attacchi alle petroliere con la Casa Bianca che rivede i piani anti Iran, ipotizzando l'invio di 120.000 soldati nell'area. Intanto altre due petroliere battenti bandiere norvegese e degli Emirati sono state danneggiate al largo del Porto di Fujairah con Abu Dhabi che definisce prematuro attribuire responsabilità annunciando, però, che nell'inchiesta partecipano anche inquirenti statunitensi. Teheran sa di aver comunque dalla sua la Russia di Putin e sullo sfondo anche la Cina, ma la situazione viene ben sintetizzata da Bruxelles, dove c'è preoccupazione per il rischio di una possibile escalation in una Regione che non ha davvero bisogno di ulteriori elementi di tensione e di destabilizzazione.