C'è un secolo di 91 anni; è il secolo breve. Si interrompe con la fine della guerra fredda; c'è un uomo che muore a 91 anni: l'eroe di questa guerra: è Michail Gorbaciov. La sua vita è immersa nella storia con la S maiuscola, nella storia dell'Unione Sovietica che diventa Russia anche e soprattutto per la sua opera. Nasce nel 1931, da una famiglia di agricoltori nell'epoca di Stalin. É povero e studia fino a laurearsi in legge, poi, una seconda laurea in economia agraria. Al suo fianco, fin da giovanissimo, Raisa Titarenko moglie, amica e consigliera: quando mancherà, nel 1999, per lui sarà un colpo durissimo. Gorbaciov si iscrive subito al partito comunista e scala pazientemente le gerarchie con pazienza, ambizione ed intelligenza. Nel 1980, entra a far parte del politburo del comitato centrale del partito. Sono anni durissimi. Al di là della cortina di ferro, manca tutto ma non si deve sapere. Nel 1985, viene eletto segretario generale. La storia passa nelle sue mani. Dall'altra parte del mondo, c'è Ronald Reagan: non c'è spazio, dunque, per i compromessi; ed ecco, le parole del cambiamento: siamo nel novembre del 1987. Perestroika uguale riforme. E poi Glasnost' uguale trasparenza. Troppo tutto insieme; è una radicale trasformazione della società e del suo paese. L'Unione Sovietica collasserà di lì a poco. Diventa presidente nelle prime e ultime elezioni libere contestate dell'URSS, vince il Nobel per la pace, poi si dimette il giorno di Natale del 1991. La storia è scritta. Il suo destino è controverso, amato all'estero e criticato in patria. Con la fine della guerra fredda, è questa anche la sua eredità, finisce la corsa agli armamenti ed il rischio di un conflitto nucleare. Di Putin dirà: è un uomo che governa con la paura. Quella paura che Gorbaciov voleva sconfiggere e che oggi sembra tornare.