Una raffica di arresti, oltre 300, con la pesante accusa di terrorismo, la liberazione di decine di ostaggi e anche l'uccisione di diversi terroristi. Come aveva promesso il Presidente Ochoa in un drammatico messaggio alla Nazione, la risposta dell'Ecuador è stata durissima. I militari dovevano considerare l'offensiva dei narcos come un atto di guerra, e una volta proclamato lo stato di emergenza, è stato dato il via libera all'offensiva. Insomma, dopo quasi 48 ore in cui si temeva che il Paese collassasse e precipitasse definitivamente nel caos, le autorità hanno mandato un segnale preciso. Il comandante della polizia ha già spiegato che non ci sono alternative alla eliminazione della minaccia dei Narcos, e che non c'è alcuno spazio per il negoziato. Anzi, per dimostrare la fermezza della loro posizione, le autorità ecuadoriane hanno mandato un altro segnale, accusando di terrorismo le persone coinvolte nella spettacolare irruzione nello studio televisivo della tv locale. Questo comporta che, se ritenuti colpevoli, rischiano la condanna fino a 26 anni, addirittura 8 per i minorenni. Nel gruppo infatti ci sono anche alcuni 16enni. Insomma, l'Ecuador sta tentando di recuperare credibilità dopo lo smacco clamoroso che gli hanno inferto i narcos, con l'evasione del leader di 'Los Chineros', Adolfo Macías, alias Fito. Per certi versi, è il “redde rationem”, tra narcos e Stato. E dire che fino a 7 anni fa l'Ecuador era considerato una nazione relativamente tranquilla nell'America Latina, fino a quando, progressivamente, esponenti dei cartelli della droga di Messico e Colombia si sono infiltrati in varie province. Accompagnati da rappresentanti delle principali mafie europee, come quelle slave e la ndrangheta, che hanno trasformato l'Ecuador in un hub per lo smercio di droga verso gli Stati Uniti.