Testardo, come diceva la madre, ma capace di cambiare per il bene del suo popolo. Nato e cresciuto in una famiglia povera e senza istruzione, inizia a lavorare a 12 anni in una delle regioni più ricche del Paese. Nel 1964, dopo aver perso un dito mentre lavorava in una fabbrica metallurgica come tornitore, comincia a interessarsi al sindacato tanto da essere eletto Presidente dell'Organizzazione dei lavoratori dell'acciaio nel 1978. Due anni più tardi, nel pieno della dittatura militare, contribuisce a fondare il Partito dei Lavoratori, lo stesso movimento di sinistra dove milita l'ex Presidente Dilma Rousseff. Lula arriva alla più alta carica dello Stato nel 2002 e poi viene riconfermato nel 2006. Grazie al programma di sovvenzione da lui ideato, Bolsa Familia, milioni di brasiliani non soffriranno più la fame e lui diventerà uno dei più popolari leader latino americane dentro e fuori il Brasile, ma diventare un'icona della sinistra del Sud America non lo renderà immune agli scandali e alla corruzione, per la quale verrà condannato due volte e per la quale verrà privato della libertà tra il 2018 e il 2019. Due anni più tardi la Corte Suprema annullerà le sentenze restituendo a Lula i diritti politici. Da allora ha cercato la riabilitazione e la rielezione ma soprattutto di riguadagnare la fiducia del suo popolo. Lula vince ma non trionfa, dovrà gestire un Paese profondamente diviso, un'economia post-pandemica molto diversa da quella degli anni del suo primo mandato. Il tutto poi ostacolato dal Congresso, che gli è ostile, e da un Paese che per metà è ancora con Bolsonaro.