Il Giappone è andato alle urne per il rinnovo parziale della Camera Alta. Elezioni che normalmente non hanno grande rilevanza politica, ma che nell'attuale contesto hanno assunto grande importanza. Nonostante non ci sia stato l'atteso voto di simpatia e un aumento del tasso di affluenza alle urne, restato come 3 anni fa, al di sotto del 50%, la coalizione governativa si è assicurata la maggioranza assoluta dei 125 seggi da assegnare, garantendo, dunque, 3 anni di stabilità all'attuale Premier Fumio Kishida, che ha già annunciato di voler accelerare le riforme, compresa la controversa modifica della Costituzione. Un progetto che nemmeno l'ex-Premier Shinzo Abe era riuscito, in 9 anni di governo, a realizzare e che prevede l'abolizione dell'Articolo 9, che vieta al Giappone di possedere un Esercito, una Marina e un'Aviazione Militare, rinunciando addirittura al diritto di belligeranza. Ma anche se la maggioranza parlamentare dei 2/3 è garantita, resta l'ostacolo del referendum popolare, che tutti i sondaggi prevedono respingerebbe la proposta. In ballo c'è anche l'aumento delle spese militari, attualmente bloccate all'1% del PIL, che l'attuale governo vorrebbe portare sino al 2% e oltre. Tra i candidati, va registrato un considerevole aumento della quota femminile che rappresenta circa 1/3 del totale, un segnale positivo per un Paese che, per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla politica, giace al 147esimo posto, su un totale di 153, dell'indice compilato ogni anno dal World Economic Forum. Ma si tratta di candidate, vedremo poi quante saranno elette, aveva commentato amaramente l'Asahi Shinbun, in un suo editoriale. Vedremo nelle prossime ore se il suo timore era fondato.























