Le elezioni nella piccola isola ribelle fanno paura al mondo. Taiwan è un ago della bilancia, che oscilla tra Cina e Stati Uniti. Sin dal 1949 altro da Pechino, che da parte sua, ne considera storicamente inevitabile l'annessione. Vicino agli Stati Uniti, che offrono il loro appoggio per la democrazia. Piantagrane, così la Cina ha definito William Lai, candidato favorito. Dice dell'attuale presidente: è il leader del Partito Democratico progressista, che punta all'autonomia. Pechino lo ritiene un pericolo per l'isola. Due i suoi sfidanti. Hou Yu-ih, esponente del Kuomintang ed ex capo della polizia. Tradizionalmente più vicino alle posizioni di Pechino, ha però assicurato che non svenderà Taiwan alla Cina, e ha garantito di voler mantenere un rapporto solido con gli Stati Uniti. Ko Wen-je, del Partito Popolare, ex sindaco di Taipei, punta a creare una piattaforma di comunicazione con USA e Giappone, per garantire la pace nell'Asia centrale. Ha conquistato sostegno tra i giovani, criticando i salari troppo bassi. 19 milioni e mezzo gli elettori, "chi sceglierà l'indipendenza sarà schiacciato", ha minacciato pubblicamente l'esercito cinese. Gli USA sostengono la libertà di scelta, senza interferenza di Taiwan. Tra i due grandi blocchi il dialogo faticosamente è ripreso. Per gli analisti, l'idea condivisa è che nulla cambierà.