È da poco passata la mezzanotte quando il leader socialista Pedro Sánchez, dal palco allestito a Calle Ferraz, ringrazia la Spagna che lo ha votato. I socialisti sono la maggioranza nel Paese, 123 i seggi conquistati, che sommati ai 42 ottenuti da Podemos e al numero dei seggi dei partiti minori potrà consentire a Sánchez di formare un Governo senza dover per forza sperare nell’appoggio di Izquierda Repubblicana, partito indipendentista catalano che ha contribuito alla caduta del Governo guidato proprio da Sánchez lo scorso febbraio. Dovrà guardare quasi certamente ai nazionalisti baschi. Due i primati che si registrano in questa tornata elettorale. L'ingresso di Vox in Parlamento, partito di estrema destra di ispirazione franchista, che con il 10 per cento delle preferenze ottiene 24 deputati e l'assenza totale di una rappresentanza di centrodestra nei Paesi Baschi, dove né il PP, né Ciudadanos, né Vox hanno eletto un rappresentante. È il PP di Pablo Casado a pagare il prezzo più alto. Da 137 deputati passa a 65. Un crollo che per il leader va addebitato anche alla frammentazione della destra nel Paese. A rispondergli, però, è direttamente il numero uno di Vox, Abascal, che avverte “non dia la colpa a noi”. “La cosa negativa è che governerà la sinistra” ha commentato il leader di Ciudadanos Albert Rivera. “Noi non faremo alleanze”, ha poi aggiunto, “e loro governeranno con i nazionalisti”. Sì se puede, lo slogan con cui la piazza ha accolto Pedro Sánchez, non con Ciudadanos di Rivera, ha aggiunto poi il suo elettorato ed ora toccherà al leader socialista trovare alleanze e riuscire a governare.