Beykoz è nella parte asiatica di Istanbul, una zona povera che si affaccia sul Bosforo, ordinata e dignitosa. Qui file di pullman hanno rovesciato migliaia di sostenitori di Erdogan, sono perlopiù adulti, anche loro dignitosamente poveri e con un basso livello di istruzione. Molte donne velate, alcune con un abito integralmente nero come un chador, pochissimi giovani, molte le famiglie tradizionali con un lungo codazzo di figli che giocano sul prato. Più che l'attesa di un comizio potrebbe sembrare una qualsiasi sagra, ma è questo l'elettorato del presidente Erdogan, i tantissimi turchi che vivono in campagna o si sono inurbati da poco e che nulla hanno a che fare con la metropoli internazionale che si affaccia sull'altra sponda del Golfo, come Salim, che si affanna a spiegarci come la situazione internazionale abbia bisogno di un uomo come Erdogan, l'unico in grado fermare la guerra, che qui proprio nello stretto, vede la sua rappresentazione plastica, con le navi russe e ucraine transitare con il loro carico di grano e fertilizzanti grazie alla mediazione di Erdogan. Fatma, che ci parla con timida riluttanza, invece sostiene che il preside deve ancora guidare il Paese, che è un vero leader e che no, non ha governato troppo a lungo. Altri cinque anni con lui la fanno sentire sicura e Brash invece è una delle poche giovani che si sono uniti al comizio, ci risponde che si fida di Erdogan, perché lui farà uscire la Turchia dalla crisi, le facciamo notare che è lui, in effetti, a guidare il Paese da 20 anni e forse un cambio al vertice avrebbe senso, "no, l'alternativa non mi convince" chiude il discorso. "Recep Tayyip Erdogan ha ripreso a parlare, dopo che i maxischermi hanno riprodotto uno spot in cui ricordavano gli straordinari successi raggiunti nel ventennio del suo mandato, il popolo di Beykoz lo segue con attenzione, quasi in religioso silenzio". Sì, religioso perché il collante di tutta questa gente è anche, se non soprattutto, il Corano e ritorna la laicità dello Stato proposta da Kilicdaroglu li spaventa. Erdogan ha chiuso il suo discorso con un appello all'unità, un'unità che non interessa al suo elettorato e che non cercano i sui oppositori.