Non c'è stato un plebiscito, anzi, la maggioranza però ha deciso e con 738 voti favorevoli, 264 contrari e 120 astenuti l'EBU, il consorzio di TV pubbliche europee ha dato il suo via libera alla partecipazione di Israele alla prossima edizione di Eurovision. Una decisione presa a porte chiuse e sotto strettissima sorveglianza a Ginevra dopo mesi di polemiche, pressioni politiche e richieste di esclusione, arrivate da più Paesi a causa della guerra a Gaza e dei sospetti di manipolazione del voto. Secondo l'EBU, un'ampia maggioranza dei membri ha stabilito che non servisse un ulteriore voto confermando la presenza israeliana a Vienna, dove a maggio andrà in scena il più grande concorso musicale dal vivo al mondo. Un via libera è arrivato anche grazie al sostegno molto netto della Germania, il cancelliere Friedrich Merz aveva minacciato il ritiro di Berlino in caso di esclusione di Israele. Ma la decisione ha aperto una frattura senza precedenti. Spagna, Paesi Bassi e Irlanda hanno annunciato il boicottaggio. Madrid parla di scelta incompatibile con la linea dell'emittente pubblica. Gli olandesi di Avrotros evocano una violazione dei propri valori fondamentali. Dublino richiama la spaventosa perdita di vite umane a Gaza e la crisi umanitaria ancora in corso. La lista si allunga col passare delle ore, Slovenia e Islanda potrebbero unirsi al boicottaggio nelle prossime ore. Belgio, Svezia e Finlandia stanno valutando. Da Gerusalemme il Presidente Isaac Herzog accoglie la notizia come una vittoria simbolica. Israele merita di essere rappresentato sui palchi del mondo, dice. Un precedente esiste, la Russia fu esclusa dopo l'invasione dell'Ucraina, la Bielorussia per le contestate elezioni di Lukashenka. Stavolta però la scelta è l'esatto opposto e sta già ridisegnando la mappa politica dell'Eurovision. .























