Le cantine delle bollicine europee sono in fermento. Le francesi sul piede di guerra chiedono aiuto alla diplomazia. A Mosca Vladimir Putin ha firmato una legge che impedisce allo Champagne esportato nella federazione di chiamarsi così. Marchi come Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Dom Perignon per poter arrivare alle sontuose tavole degli oligarchi, dovranno accontentarsi di vestire etichette ben più modeste con la denominazione di spumante, perchè in Russia l'etichetta Champagne d'ora in poi sarà riservata ad una bevanda prodotta in patria, con appena tre settimane di lavorazione. Inaccettabile per Bernard Arnault, vicino al presidente francese Macron, Re indiscusso dello Champagne e del lusso francese. Indignato ha decretato lo stop alle esportazioni nella federazione, una misura temporanea si augurano gli esperti di San Pietroburgo, ma c'è chi è sicuro che se protratta, a Mosca se ne faranno una ragione. Scherzi di bollicine che muovono fatturati da capogiro e aprono scenari inediti anche tra storici rivali come il nostro Prosecco, che da un lato intravede un vantaggio nel sovranismo russo, nell'ultimo anno le esportazioni di Prosecco nella federazione sono cresciute del 37%, dice Coldiretti, ma dall'altra subisce un analogo attacco dalla Croazia. Zagabria ha presentato alla Commissione Europea la richiesta di poter utilizzare per le sue produzioni spumeggianti la denominazione "Prosek". Assonanza troppo marcata per essere utilizzata, sfruttando il nostro Prosecco che per le colline in cui è prodotto ha guadagnato la tutela certificata dall'Unesco di patrimonio per l'umanità. Vedremo in commissione a Bruxelles cosa ne sarà, ma un dato è certo in questo nuovo inedito capitolo della guerra delle bollicine gli schieramenti vedono vecchi rivali come lo Champagne e il Prosecco alle prese con assalti alla propria storia e tradizione.