Dopo quella che è stata definita l’“Opa di Macron” sull’Assemblea nazionale, il copyright è del quotidiano Libération, anche in Francia si comincia a discutere di riforma della legge elettorale. Il sistema attuale, un maggioritario con doppio turno di collegio, è fortemente criticato dai partiti più radicali a partire dal Front National. La formazione di Marine Le Pen, svanito l’effetto delle presidenziali con un 13% a livello nazionale, non dovrebbe superare la manciata di deputati e ora si chiede di riequilibrare il sistema con una dose di proporzionale. “Presto apriremo la discussione”, assicura il portavoce di La République En Marche, il partito di Macron, che con il 32% rischia di portarsi a casa i tre quarti dei seggi. Solo quattro i collegi già assegnati. Per i dati certi, dunque, bisognerà attendere il secondo turno di domenica prossima ma i giochi sembrano fatti e sono pochissimi i ballottaggi dall’esito incerto. Emmanuel Macron tace. Il portavoce del Governo lo definisce molto soddisfatto. E intanto arrivano le congratulazioni degli altri leader europei: a partire dalla Cancelliera Merkel, che definisce quello francese come un voto per le riforme, riforme per le quali a Macron i numeri in Parlamento non mancheranno di certo, ma che nei casi più spinosi e divisivi, come la legge sul lavoro, rischiano di non essere al riparo dalle proteste di piazza. Perché se è vero che il giovane Presidente ha stravinto come non si era mai visto, polverizzando, umiliando i partiti tradizionali, i dati dell’astensionismo record stanno lì a ricordare che resta pur sempre l’espressione di una minoranza del Paese.