Parlare come il popolo. Donald Trump non ha mai nascosto il suo desiderio e la sua abilità nel farsi capire senza utilizzare termini e concetti complicati, ma andando dritto al punto. È uno degli aspetti che lo hanno fatto amare dai suoi elettori e che adesso che è alla Casa Bianca assume, però, anche delle note volgari, che creano imbarazzo. Durante un incontro con alcuni esponenti del Congresso sull’immigrazione il Presidente avrebbe gelato tutti, quando, a chi gli chiedeva di riconsiderare la sua posizione e mantenere la protezione per i cittadini di Haiti, El Salvador e alcuni Paesi africani scappati o dall’indigenza causata da catastrofi naturali o da zone di conflitto avrebbe risposto, senza usare mezzi termini: “Perché dobbiamo prenderci chi viene da questo cesso di Paesi?”, suggerendo che per l’economia americana sarebbe molto più saggio accogliere chi arriva, invece, ad esempio, da Stati avanzati come la Norvegia. Un gergo di basso livello che non è stato smentito dai suoi collaboratori, che hanno anzi rincarato la dose sostenendo che alcuni politici a Washington portano avanti delle battaglie per Paesi stranieri, mentre il Presidente pensa agli americani. D’altronde Trump non è nuovo ad incidenti di questo tipo. Basti pensare che lo scorso giugno ha sostenuto che gli haitiani arrivati negli Stati Uniti nel 2017 avevano tutti l’AIDS e, di fatto, anche chi lo critica sa essere più che didascalico. L’ultimo, in ordine di tempo, è Robert De Niro, che lo ha definito un bambino al comando, un idiota, un povero imbecille, nella triste consapevolezza che nella guerra al ribasso delle parole la storia insegna che alla fine spesso si esce tutti perdenti.