Quando la portavoce della Casa Bianca annuncia il rientro anticipato di Trump a Washington, Meloni e i leader europei temono che non vi siano più spazi per una dichiarazione congiunta, che possa portare ad un raffreddamento della crisi in Medio Oriente. Il timore è che la situazione possa definitivamente sfuggire di mano, e soprattutto che si realizzi davvero una riabilitazione accelerata di Putin. Meloni parla con tutti, al prevertice europeo si concorda che non si può archiviare ciò che Putin ha fatto e sta facendo in Ucraina. Messaggio che la premier recapita a Trump in un bilaterale prima della sua partenza. Sottolinea l'opportunità di riaprire la strada del negoziato con Teheran, non solo, ma è convinta che ora vi siano anche i margini per un cessate il fuoco a Gaza. Trump sembra annuire, si dice convinto che l'Iran debba cedere, ma soprattutto conferma che firmerà la dichiarazione. 2 i concetti principali, Teheran non può avere armi nucleari, Israele ha il diritto a difendersi, quanto basta per non far naufragare il G7. La premier, che oggi incontrerà anche il presidente ucraino Zelensky, ci tiene a rimarcare che il sostegno a Kiev non è in discussione. Ripete che sui dazi bisogna fare un accordo, soddisfatta per il faccia a faccia tra Trump e Von der Leyen e convinta, che ci sia tanto lavoro italiano in questo risultato. Sul futuro della NATO dice sì al 3,5% del PIL in difesa, ma con tempi congrui. Trump ascolta, poi parte, la speranza è che non decida di ballare da solo.