Era il 25 maggio del 2020, esattamente un anno fa. George Floyd, 46 anni, afroamericano, con i problemi di tanti, compra un pacchetto di sigarette con venti dollari falsi. Un agente di Polizia lo blocca a terra con le maniere forti, l'uomo muore soffocato. Tutto il mondo vede l'agonia, durata 9 minuti, nel video girato con i telefonini dai passanti. Minneapolis si infiamma, le proteste del movimento per le vite dei neri esplodono nuovamente in tutti gli Stati Uniti. Alla fine, caso più unico che raro, il mese scorso, il poliziotto viene condannato per omicidio. Un anno dopo qui è cambiato tutto e niente. L'incrocio è diventato un luogo di pellegrinaggio e restituirlo alla viabilità del quartiere sarà complicato, per le strade sono scomparsi i blindati mandati dalla Guardia Nazionale, che fino al processo erano a guardia della città, la Polizia è finita sotto indagine nel Dipartimento della Giustizia, sottodimensionata perché centinaia di agenti hanno lasciato la divisa e quelli rimasti non si fanno vedere in giro. Risultato: crimini alle stelle, pistole facili e manifestazioni sorvegliate da milizie paramilitari più o meno folkloristiche. Il Presidente Biden, che aveva definito il razzismo sistemico una macchia nell'anima dell'America, riceve oggi alla Casa Bianca i familiari di Floyd. Avrebbe voluto consegnar loro la "Legge di Riforma della Polizia" che porta il suo nome, passata alla Camera e ora al vaglio del Senato, ma le trattative tra democratici e repubblicani sono ancora in corso. La storia, si sa, richiede tempo.