Nel giro di qualche anno Facebook pagherà le tasse su quello che guadagna con la pubblicità in Italia e negli altri Paesi dove raccoglie le sponsorizzazioni. Il colosso digitale, in pratica, farà ciò che è normale per le imprese tradizionali, non spostando, come adesso, quei profitti in Irlanda dove non le viene chiesto quasi nulla di imposte. L’azienda dei social network così facendo tende la mano al fisco italiano e tenta di smorzare la pressione internazionale, finora piuttosto inconcludente, che da tempo ragiona su come evitare che i colossi high tech continuino a dribblare le leggi sfruttando i paradisi fiscali. Questa mossa, tuttavia, potrebbe rivelarsi solo molto fumo e poco arrosto. La creatura di Mark Zuckerberg, che l’anno scorso al nostro erario ha versato appena 267.000 euro, nel Regno Unito paga già le tasse sulla pubblicità con una fattura nei confronti del fisco britannico di 2,8 milioni di euro nel 2016. Si tratta di briciole per chi vale in Borsa 500 miliardi di dollari, ma negli anni passati Facebook è finita per essere addirittura in credito con sua maestà grazie a quel meccanismo, noto agli esperti, che permette a una società di spostare i costi di produzione lì dove le tasse sono più alte, abbattendo così le imposte sui profitti. Sfruttando questo stratagemma Facebook adesso dice che Oltremanica guadagna poco e, di conseguenza, poco paga di tasse. Un po’ come quando il signor Rossi ha un mucchio di detrazioni e finisce per risparmiare tanto denaro. Anche in Italia la multinazionale californiana potrebbe replicare il modello britannico con il risultato che sì pagherà più imposte rispetto a oggi, ma non probabilmente nella misura che ci si aspetterebbe per un gigante del suo calibro.