L'Italia, Torino, l'Europa sono stati luogo di riscatto e e di possibilità, non solo per me ma anche per molte altre persone. Sono stato un richiedente asilo, un rifugiato, mediatore interculturale e dal 2016 ho la cittadinanza italiana ed è un onore per me essere rappresentante di quelli che mi hanno accolto. Abdullah è arrivato nel 2008 a Lampedusa a bordo di un barcone, 14 anni dopo è consigliere comunale a Torino. Una storia di integrazione riuscita la sua, ma non sempre e non per tutti è così. L'integrazione è una sfida, rimane una sfida, rimane appunto mettere a sistema un processo di integrazione, che come dicevo, permette alla gente di poter realizzare i propri sogni, di poter arrivare, di poter effettivamente contribuire alla società che li ha accolti, e sicuramente questa parte è importante. Ci sono degli esempi positivi ma bisogna fare di più. Tema complesso quello dell'integrazione. Non esiste una ricetta valida per tutti. L'integrazione è un termine troppo generico per poter essere applicato come un cliché a tutti. L'abbiamo visto anche con questi arrivi, gli ucraini hanno un concetto diverso, non ci vogliono stare qui nel senso anzi vorrebbero tornare nei loro territori, quindi il tema dell'integrazione è un tema molto specifico. Credo che bisogna iniziare a ragionare per situazioni. Il numero delle persone costrette a lasciare i propri villaggi, paesi, ha superato la soglia dei 100 milioni, l'1% dell'intera popolazione mondiale. 100 milioni di persone in cammino in cerca di un domani che spesso trovano rifugio in paesi limitrofi che vanno a loro volta aiutati. Quello che noi facciamo e soprattutto facciamo insieme all'UNHCR, che è un nostro partner da molti anni, è cercare di aiutare questi paesi ad assistere, ad accogliere rifugiati cercando di mantenere fermo il punto che noi dobbiamo aggredire le cause profonde di queste fughe.























