Uno scalino alla volta, tre mesi in più all'anno e l'età minima di pensionamento passerà dai 62 anni attuali ai 64 nel 2030. Per riformare sistema il Governo di Elisabeth Borne gioca la carta della transizione graduale, rinunciando alla soglia dei 65 anni per cui si era speso a lungo Macron, in nome di un compromesso con le forze politiche che in Parlamento dovranno, approvare o no, il disegno di legge. Oltre allo spostamento dell'età minima, la riforma prevede che già dal 2027 invece del 2035, siano necessari 43 anni di contributi per avere diritto a una pensione completa, confermata invece la soglia massima dei 67 anni per andare in pensione, al di là degli anni di contributi e, punto centrale, confermato per tutti, anche chi è già in pensione, l'innalzamento della pensione minima a 1.200 euro ovvero l'85% del salario minimo invece del 75% attuale. Secondo un sondaggio ... il 68% dei francesi sarebbe contrario all'innalzamento dell'età pensionabile anche se a 64 anni invece che a 65. Ma secondo il Governo Borne si tratta dell'unica misura capace di riequilibrare un sistema pensionistico sbilanciato da un lato dall'innalzamento dell'età media dei francesi e dall'altro dal calo della natalità. Non sono d'accordo i sindacati che ora promettono battaglia, non è d'accordo neanche la destra di Marie Le Pen che accusa il Governo di voler fare scontare ai francesi gli errori politici degli ultimi anni piuttosto che investire sulla natalità e sulla qualità del mondo lavorativo. Né è d'accordo la sinistra che fa capo a Mélenchon secondo cui la riforma punisce chi è già più svantaggiato dal sistema. Il dibattito sarà acceso e continuerà in Parlamento.