Ci sono battaglie che avvengono in luoghi di cui poco si parla. La regione autonoma caucasica del Nagorno Karabakh è uno di questi luoghi. Un piccolo fazzoletto di terra, di una terra sconosciuta ai più, conteso da Azerbaigian musulmano e Armenia cristiana che non trova pace da vent'anni, ora investita da un nuovo vento di guerra che soffia forte e che fa già le prime vittime, ad ora imprecisate, di civili. Azerbaigian e Armenia si accusano reciprocamente. L'Azerbaigian annuncia di aver lanciato una grande controffensiva per garantire la sicurezza dei civili e porre fine alle attività militari dei separatisti armeni che a loro volta denunciano che la parte azera ha bombardato lungo tutta la linea del fronte, stanno anche bombardando Stepanakert, la capitale. Chiediamo alla popolazione di rifugiarsi. Il Presidente del Nagorno Karabakh in una riunione d'emergenza del Parlamento della regione separatista sostenuta dall'Armenia, proclama la legge marziale e annuncia una mobilitazione militare totale dopo gli scontri al confine. Sia il governo di Baku che le autorità armene di Yerevan hanno annunciato vittime tra i civili. Il Cremlino chiede un immediato cessate il fuoco. Ankara condanna l'attacco armeno, definendolo una chiara violazione delle leggi internazionali e ribadisce il suo pieno appoggio al governo di Baku, a cui la regione fa capo, secondo diritto internazionale, nonostante la dichiarazione unilaterale di indipendenza del '91. "Prego per la pace nel Caucaso" dice il Papa durante l'Angelus. "Chiedo alle parti in conflitto di compiere gesti concreti di buona volontà e di fratellanza che possano portare a risolvere i problemi, non con l'uso della forza delle armi, ma per mezzo del dialogo e del negoziato".