"C'è un uomo forte che tiene in ostaggio la NATO e non è Putin" ha scritto un giornale europeo pochi giorni fa, prima che il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan dopo settimane di trattative desse il suo assenso per l'ingresso nell'Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia. La Turchia ha tenuto per giorni l'occidente appeso alle sue richieste, sfruttando la guerra in Ucraina per garantirsi concessioni spesso antichi obiettivi di Ankara. Non è la prima volta che accade, nel 2015 in piena crisi migratoria il Governo accettò di gestire l'intenso flusso di profughi in arrivo da oriente in cambio, tra l'altro e assieme a milioni di euro, di visti europei più semplice per i suoi cittadini. Così mentre in queste settimane bloccava l'ingresso nella nato di Svezia e Finlandia accusando i due governi di presunto sostegno ai militanti curdi del PKK contro i quali combatte una guerra interna, il regime di Erdogan forniva i droni armati che hanno cambiato il corso del conflitto in Ucraina. Negoziava sulle sorti del grano bloccato dai combattimenti, impediva il passaggio di navi militari russe nel Mar Nero applicando un trattato internazionale che regola l'accesso ai suoi stretti, il tutto continuando a dialogare con Putin ed evitando di imporre sanzioni a Mosca. La sua posizione ambigua rende il controverso autocrate turco un attore da cui l'occidente, suo malgrado, dipende proprio nel momento in cui il sultano perde consensi in casa. E così Erdogan vede nella la guerra in Ucraina l'opportunità per rafforzare la sua immagine di leader internazionale anche a fini interni. La sua popolarità soffre infatti delle scelte economiche del tuo stesso Governo persino tra la sua base conservatrice. a lira turca in crisi, l'inflazione tra le più alte al mondo è oltre 70%. Le due facce di una stessa medaglia.























