Da un lato Bakhmut, dall'altro la Crimea. Sottoposta a una grandine di bombe, Kiev risponde con i droni, e mentre infuria lo sconto a terra nella città del Donbass, con crescenti difficoltà per le truppe ucraine, i velivoli senza pilota martellano la penisola contesa ora sotto il controllo dei russi. Tutto ciò mentre Mosca celebra la riapertura del ponte danneggiato e scopre che i suoi confini sono estremamente porosi, tanto che un drone ucraino è stato intercettato a 100 chilometri dalla capitale. Insomma il campo vede il solito rimpallo di attacchi e contrattacchi su vari piani, mentre la preoccupazione internazionale è il rischio contagio del conflitto. E il primo Paese indiziato è la Moldavia: 2 milioni e mezzo di abitanti, incastonata tra l'Ucraina e la Romania, con la Transnistria a fare da cuscinetto sta cominciando a mostrare crepe. Migliaia di manifestanti filorussi, infatti, sono scesi per le strade della capitale Chisinau per protestare contro la politica filoccidentale della Presidente Maia Sandu. E, viste le crescenti tensioni, la compagnia aerea low cost ungherese Wizz Air, ha annunciato la sospensione di tutte le rotte verso la Moldavia, adducendo crescenti motivi di sicurezza. C'è da dire che anche la Russia però sente scricchiolare il consenso, finora granitico, o almeno presunto tale, nei confronti dell'operazione speciale. La Duma, infatti, ha approvato un provvedimento in base al quale sono previsti fino a 15 anni di carcere per chi scredita le forze armate e le organizzazioni militari volontarie come il gruppo Wagner. Intanto in India tutto è pronto per il G20 dei Ministri degli Esteri, presenti sia Antony Blinken che Sergej Lavrov. Non si ripone alcuna speranza su un incontro tra i due, che non si parlano sin da prima del conflitto in Ucraina. E del resto, il capo della diplomazia russa ha già anticipato che ne approfitterà per attaccare la politica distruttiva degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Fin troppo facile prevedere che al G20, spaccato in filo e antioccidentali, non si giungerà a una posizione comune sul conflitto in corso.