Le differenze fra il piano di pace americano e quello europeo sono poche ma sostanziose. Innanzitutto non ci sono scambi di territori, non c'è il ritiro dal Donbass, ma una trattativa sui confini, che deve iniziare dall'attuale linea del fronte. Una differenza c'è anche sul disarmo. Il piano europeo prevede 800000 soldati in tempo di pace e non 600000 come volevano gli americani a fronte del 1.300.000 effettivi attuali. E poi la Nato, dalla promessa di non adesione si passa, a tutt'altro. L'adesione dell'Ucraina alla Nato dipende dal consenso dei membri che attualmente non esiste, mentre la Nato si impegna a non stazionare permanentemente truppe in Ucraina in tempo di pace, il che vuol dire che in tempo di guerra il dispiegamento è possibile. Altra differenza c'è nel reintegro della Russia nell'economia globale e nel ritiro delle sanzioni. Per gli americani sarebbe immediato, mentre nel piano europeo è graduale, così come l'invito al G8. Sulle elezioni il piano americano le vuole tassativamente entro i 100 giorni in un momento in cui Zelensky è in grossa difficoltà. Quello europeo resta più vago, il prima possibile, ma dopo l'accordo di pace. Anche sulla ricostruzione del Paese la formulazione europea è più generica, ma come nel piano USA si prevedono di usare gli asset russi congelati, scompaiono però i profitti per gli americani. Nel piano europeo scompare anche l'amnistia totale per i crimini commessi durante la guerra e l'impegno a non chiedere i risarcimenti. In tutto questo, mentre europei e americani sembrano ottimisti sui passi fatti in avanti, il grande assente di queste trattative è la Russia, che tanto per quanto riguarda il piano americano che per quello europeo si è limitata ad osservare, ben consapevole di non avere fretta, perché sul campo sta comunque avanzando, seppure a costo di migliaia di morti. .























