"Mariupol non è caduta" ribadisce il premier ucraino Denys Shmyal ma le notizie che giungono dalla città martire descrivono comunque una realtà drammatica. Mentre gran parte del centro abitato, quel che ne rimane, è ormai sotto il controllo delle truppe russe, in una gigantesca acciaieria sono asserragliati 2.500 fedeli a Kiev. Tra questi, secondo quanto riferiscono diverse fonti, i miliziani della brigata Azov e mercenari stranieri, tra cui anche occidentali stimati in circa 400. Mosca ha proposto una resa, altrimenti la morte. Da parte di Kiev però sarebbe giunto il divieto di arrendersi e, secondo il Ministero della Difesa russo, da alcune intercettazioni emergerebbe che sarebbero stati minacciati di morte da parte degli ucraini qualora deponessero le armi. Ma la guerra non è più confinata al Sud-Est del Paese. Dopo il ripiegamento delle truppe russe dal Nord sono tornati i bombardamenti anche nella capitale. Dopo una calma relativa, durata circa due settimane, i missili hanno ripreso a bersagliare la periferia di Kiev, in particolare le installazioni militari. E se a Nord i bombardamenti russi possono essere una novità, non lo sono per il Sud: a Kharkiv è stato colpito il centro della città provocando cinque morti. Una situazione resa ancora più drammatica dall'impossibilità di evacuare i civili. Le autorità ucraine hanno infatti dichiarato di non essere riuscite a negoziare con gli occupanti dei corridoi umanitari nell'Est del Paese. Intanto nel Donbass, nell'oblast di Lugansk, un condominio è stato colpito da missili russi. Due le vittime. Cinque bambini infine sono rimasti uccisi da mine e trappole esplosive lasciate dai russi a Trostjanets, nella regione di Sumy. Le mine e le trappole esplosive sono state rinvenute soprattutto nei pressi dei posti dove i russi avevano messo checkpoint ed i loro blindati.