Da una parte ci sono le dichiarazioni dei leader europei, dure, piene di sdegno, che invocano punizioni esemplari per i responsabili della strage di Bucha. Dall'altra, il processo sanzionatorio, unica vera arma in mano all'Europa, oltre alle armi vere date all'Ucraina. E se le parole sono univoche e pesanti, le sanzioni lo saranno molto meno. Se è vero infatti, che in pochissimo tempo, al massimo giovedì prossimo, entrerà in vigore un quinto pacchetto di misure contro la Russia, queste non si annunciano dirompenti come le immagini dei corpi dei civili martorizzati a Bucha. Per ora si parla di aumentare il numero delle personalità russe cui verranno sequestrati beni all'estero, e allargare a prodotti come legno e cemento, il divieto di acquisto dal mercato russo. Nulla insomma, che riguardi le fonti di energia. Il gas è ancora troppo importante per l'Europa, quindi la Germania l'ha subito messo fuori dal tavolo. Fonti della Commissione ammettono che il carbone sarebbe l'unico combustibile fossile cui sarebbe facile rinunciare, e di cui si potrebbero vietare le esportazioni dalla Russia. Poi, almeno nel breve periodo, si potrebbe pensare al petrolio. Ma sono solo ipotesi, di certo ci sono le parole di Ursula von der Leyen, che ha promesso che la Russia pagherà per i suoi crimini, del rappresentante della politica estera Borrell, che ritiene Mosca responsabile diretta di crimini contro l'umanità, cui bisogna rispondere e di Paolo Gentiloni che non esclude alcun tipo ulteriore di sanzione. Queste sanzioni dovrebbero comunque avere l'unanimità degli Stati Europei, e si guarda con sospetto al neo rieletto premier ungherese Orban, che ha già posto il veto a qualsiasi sanzione sull'energia. Più vicini al confine russo, c'è chi la pensa diversamente come la Lituania, che ha unilateralmente rinunciato al gas russo ed ha espulso l'ambasciatore di Mosca.























