Obiettivo Dombass, la sua totale liberazione per ciò che intende la Russia. Questo è l'annuncio al mondo di Sergej Rudskoj, Vice Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate, in una conferenza stampa a Mosca. L'unico obiettivo mai avuto, secondo la Russia, che contemporaneamente elenca i traguardi raggiunti. La quasi completa distruzione delle Forze Aeree ucraine, l'annientamento di quelle navali; la conquista del Donbass come via per uscirne vincitori, arrivando all'annessione, oltre che della Regione già separatista; anche della città martire di Mariupol. Abbastanza, forse, per avviare colloqui di pace evitando ulteriori perdite. Nel frattempo però le sirene suonano, i bombardamenti continuano, anche nel Dombass, qui siamo nel Lugansk, che sarebbe controllato al 93% dei separatisti filorussi secondo il Ministro della Difesa di Mosca, mentre il Donetsk sarebbe stato preso al 54%. Territorio di lingua russa teatro di guerra dal 2014, anno in cui furono autoproclamate le due Repubbliche indipendenti, attraverso un referendum mai sottoposto a controllo da enti terzi, quindi non riconosciuto, le truppe russe avanzarono e per l'Ucraina si trattò di violazione della Sovranità nazionale. E il Dombass, restano degli Oblast ossia delle Regioni non separatiste. I confini sono frastagliati e complessi, come la volontà dei cittadini; parlare la lingua russa non significa essere favorevoli all'annessione. Tanto più dopo questo mese di bombardamenti. Tra Donbass e Crimea si alimenta la pretesa di influenza sul Mar Nero, con i vantaggi tattici ed economici che ne derivano. Quella che la Russia definisce un'operazione militare speciale avrebbe anche una data conclusiva ossia il 9 maggio, secondo fonti del Cremlino, obiettivi e data che non considerano un fattore l'esistenza del Ucraina, del suo Esercito della sua strenua Resistenza.























