Energia e infrastrutture. Sono le due aree di interesse della Cina in Iran, messe ora a repentaglio dall'escalation in Medio Oriente. Importante tassello della nuova Via della Seta, il progetto infrastrutturale su scala globale voluto dal Presidente cinese Xi Jinping, l'Iran è da tempo meta degli investimenti cinesi. Nel 2021 la firma di un accordo di cooperazione strategica ventennale, ha visto Pechino impegnarsi in un piano da 400 miliardi di dollari di investimenti in trasporti, telecomunicazioni, Difesa e infrastrutture locali. Tra queste la costruzione della prima linea metropolitana di Teheran e la diga più alta del Paese. Il tutto in cambio di prezzi favorevoli per l'acquisto di petrolio. La Cina è il principale tra i pochi acquirenti rimasti del petrolio iraniano dopo le sanzioni. Destinazione del 90% delle esportazioni di Teheran. Dati alla mano, la Cina è, insieme all'Iran stesso, il Paese che più ha da perdere in caso di chiusura dello Stretto di Hormuz. Il passaggio marittimo attraverso il quale transitano circa un quinto dell'offerta mondiale di petrolio e più di un decimo dell'offerta di gas naturale liquefatto, ma non solo. A soffrire sarebbe tutta l'Asia. Nel 2024 circa l'84% del petrolio grezzo e del gas naturale liquefatto passati da qui, erano diretti ai mercati asiatici di India, Corea del Sud e Giappone. Pechino osserva quindi con preoccupazione al disfacimento dell'assetto geopolitico del Medio Oriente, e condanna le azioni di Israele, così come l'intervento degli Stati Uniti. Difficile però immaginare uno schieramento aperto in favore di Teheran. Gli interessi cinesi in Medio Oriente danno la priorità al piano commerciale. Non quello ideologico. Sullo stretto legame tra Cina e Iran, però, non ci sono dubbi, e non a caso lo stesso Segretario di Stato americano Marco Rubio, ha chiesto a Pechino di intercedere per convincere gli Ayatollah a mantenere aperto lo Stretto di Hormuz. .