Il Parlamento gremito in ogni ordine e posizione con una schiacciante prevalenza di uomini con turbanti, abiti tradizionali e veli, e poi discorsi estenuanti in un profluvio di retorica antisionista, antiamericana ed antioccidentale in genere interrotti da applausi in stile sovietico. La cerimonia d'insediamento del nuovo presidente iraniano Massoud Pezeshkian non ha certo sorpreso nella sua prevedibile liturgia religiosa burocratica, né lui ha fatto nulla per dare segnali di rottura rispetto al passato. Semmai, di continuità rispetto al suo predecessore Ebrahim Raisi che pure apparteneva allo schieramento ultraconservatore, suo opposto. In effetti, la cerimonia più importante per il neo presidente iraniano si è già tenuta ed era il 28 luglio quando la Guida Suprema Ali Khamenei aveva dato la sua benedizione indicando con precisione il percorso da intraprendere. Il voto della nazione ed il mio sostegno rimarranno intatti finché il suo approccio rimarrà coerente con la retta via dell'Islam e della rivoluzione. Ecco perché le mosse successive del presidente, il tourbillon di incontri con Hezbollah, Jihad islamica, Hamas, Houthi; incontri il cui principale intento è stato ribadire che la Repubblica Islamica è irremovibile nella sua politica estera di opposizione ad Israele al grande nemico americano. Mosse che sembrano contraddire in parte le aspirazioni della comunità internazionale anche dell'opposizione interna sulla possibilità di un cambio di rotta da parte del neo presidente che appartiene alla corrente dei conservatori moderati o meglio dei pragmatici che però, viste in controluce, rivela una sorta di cerimoniale ad uso interno e degli alleati sullo scacchiere internazionale. Il momento comunque non è dei più propizi per verificare l'eventuale volontà riformatrice di Pezeshkian. La crisi di Gaza, innescata dal raid del 7 ottobre, il sostegno ad Hezbollah e agli Houthi, la preoccupante escalation dopo il raid del Golan hanno reso i margini di manovra un sentiero strettissimo assai poco percorribile. Il dialogo con il presidente francese Macron unico occidentale a presentare le sue congratulazioni a Pezeshkian è stato in gran parte un muro contro muro anche se in conclusione il presidente iraniano ha auspicato il miglioramento delle relazioni e la riapertura del dialogo tra i due paesi sulla base della fiducia e lealtà. Non è un'apertura, ma neanche una chiusura.