“Dove sono i milioni?” È il 2018 e migliaia di palestinesi sono assiepati lungo il confine con Israele, per ricordare la diaspora che 70 anni prima li costrinse ad abbandonare le loro case. Tentano di forzare la frontiera e, al lancio di sassi e bastoni, i cecchini israeliani rispondono aprendo il fuoco. È un massacro. La domanda irridente, cantata a squarciagola dai palestinesi, pero', non è rivolta agli israeliani, ma ai tanti “amici” arabi: i milioni non sono i soldi, ma le persone. Già, domandano i manifestanti, come è possibile che Israele, con poco meno di 10 milioni di abitanti, sia riuscito sempre a sconfiggere gli arabi che li circondano e sono, in tutto, 45 volte tanti? La risposta non è semplice, e l’accusa palestinese di utilizzare la causa più come pretesto che per una reale istanza è in parte ingenerosa. Perché dal 1° gennaio del 1948, quando nacque lo Stato di Israele e tutti i Paesi confinanti gli dichiararono guerra, ci sono stati ben 4 conflitti: nel 48, nel 56, nel 67 e nel 73. Poi la guerra in Libano, in cui combatterono anche le formazioni palestinesi. Del resto, i palestinesi stessi hanno costituito spesso un fattore di instabilità nei Paesi che li hanno ospitati, e a parte il Libano, in Giordania, nel 1970, condussero un tentativo di rovesciare la monarchia hascemita nel cosiddetto “settembre nero”. È vero, le condizioni in cui venivano ospitati, in campi profughi sovraffollati e miseri, erano difficilissime. C'è poi la deriva islamica, che per certi versi ha reso più complessa la loro causa. Un tempo laici, rappresentati da formazioni di ispirazione socialista come Fatah o persino marxista come il Fronte Popolare di Liberazione Palestinese, con gli anni si sono spostati su posizioni più radicali, come Hamas e Jihad Islamica. La prima formazione legata ai Fratelli Musulmani, considerati terroristi dall’Egitto e da altri Paesi arabi dell’area. La seconda invece con un canale diretto con Teheran, sciita, che sostiene la lotta palestinese con l’evidente obiettivo di indebolire Israele. Nella logica della secolare contrapposizione tra sunniti e sciiti, altri Paesi come Emirati Arabi e Bahrein, dopo Egitto e Giordania, hanno “normalizzato” le relazioni con lo Stato Ebraico, attraverso i cosiddetti “accordi di Abramo”. Si attendeva nel giro di pochissimo tempo un accordo analogo con l’Arabia Saudita. Poi la crisi di Gaza ha rimescolato le carte.