Il premier israeliano Benjamin Netanyahu mantiene il pugno di ferro. Combattere fino alla vittoria totale, afferma il leader del Likud, che, ancora una volta, si oppone alla soluzione due popoli, due stati fortemente voluta dall'amministrazione americana di Joe biden perché la nascita di uno Stato palestinese per Bibi si scontra con la necessità di garantire la sicurezza dello stato ebraico. Una posizione inaccettabile per il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che critica le operazioni militari di Israele che hanno diffuso distruzioni di massa e ucciso civili su una scala senza precedenti. È straziante. Dal 7 ottobre, secondo gli ultimi dati del Ministero della Sanità controllate da Hamas, a Gaza hanno perso la vita oltre 25mila persone. E la guerra non accenna a placarsi. L'esercito israeliano ha scoperto a Khan Younis, nel sud dell'enclave palestinese, sotto la casa di un dirigente di Hamas un tunnel lungo circa 830 metri e profondo 20; dove sono state tenute in dure e inumane condizioni una ventina di ostaggi. L'IDF secondo le stime delle agenzie di intelligence statunitense avrebbe ucciso tra il 20 e il 30% dei miliziani di Hamas all'interno della striscia di Gaza. Eppure il movimento terroristico avrebbe ancora munizioni sufficienti per combattere per alcuni mesi e si starebbe riorganizzando a Gaza City, nel nord della striscia. A Gerusalemme le famiglie degli ostaggi israeliani, radunate davanti alla residenza di Benjamin Netanyahu, protestano contro la decisione del Premier di respingere l'ipotesi di un accordo con Hamas. Il gabinetto di guerra dicono non ha alcun diritto di indugiare. Tensioni anche sul fronte nord, in Libano. Un presunto raid israeliano ha ucciso due combattenti di Hezbollah il movimento sciita libanese alleato dell'Iran. Intanto gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno valutando le opzioni per intensificare la loro campagna militare contro gli Houthi, i ribelli dello Yemen, con raid preventivi più aggressivi senza però provocare una guerra più ampia.