E ora? La domanda rimbalza mentre nelle redazioni arrivano i bollettini con l'aggiornamento delle vittime provocate dalla ripresa del conflitto tra israeliani e kazawi. D'altronde se è vero che i numeri fotografano oggi con 56 giorni di guerra, 1500 morti tra gli israeliani, oltre 15 mila tra i palestinesi, servono a ben poco per capire che cosa accadrà domani, perché l'unico elemento certo è che salirà il numero di vittime tra i soldati con la stella di Davide impegnati nelle operazioni di terra e il numero degli ostaggi uccisi e anche dei civili palestinesi la metà dei quali è minorenne. A quasi due mesi dal drammatico sette ottobre, in Israele è calata l'onda di rabbia seguita al raid di Hamas e ci si chiede quanto sia realistiche la promessa di Netanyahu, cioè la cancellazione di Hamas. E la stessa leadership di Bibi è in discussione per l'imminenza dei processi per corruzione che gli pendono sul capo. E sì, l’Occidente si è mostrato compatto nel sostegno allo Stato Ebraico ma anche gli americani hanno esercitato pressioni affinché la reazione di Israele fosse proporzionata. Da non trascurare che per ora è il risultato più concreto l'accordo per la liberazione di circa 10 ostaggi israeliani al giorno, a fronte di 30 palestinesi per sette giorni, lo si è raggiunto attraverso la mediazione non la guerra. E però il governo Netanyahu e la controparte palestinese restano sorde a qualunque tentativo di soluzione negoziale. Gli israeliani perché chiedendo maggiore sicurezza, i palestinesi la tutela la tutela della popolazione civile e la liberazione di tutti i prigionieri. Per ora la comunità internazionale ha dimostrato tutti i suoi limiti nel nel dividersi secondo i consueti schemi, che prevedono la contrapposizione tra mondo arabo e Occidente, con la Russia a fare da guastatore, la Cina alla finestra nel ruolo di defilato osservatore e l’Iran sempre meno comprensibile. Il punto però che resta sospeso è sempre l’e poi? cui è difficile ricevere una risposta sensata. Perché Netanyahu non è in grado di dire cosa riserva il futuro di una Gaza sconfitta. E gli stessi palestinesi, che pure hanno innescato la miccia, non hanno idea di che cosa gli riservi il futuro in un territorio raso al suolo: e se è vero che possono rivendicare la liberazione dei prigionieri, si può dire che è ben poca cosa rispetto alla catastrofe umanitaria che vivono i gazawi.