Botta e risposta. Prima la furia di Mosca si è abbattuta su Chernihiv. Kiev ha risposto colpendo il Tatarstan, a mille chilometri dall’Ucraina, con uno sciame di droni che hanno bersagliato le fabbriche di aerei Tupolev. E se Chernihiv colpisce perché la città settentrionale era diventata una sorta di area tranquilla, gli stabilimenti nel Tatarstan rappresentano la conferma che l'Ucraina ha migliorato sensibilmente la sua capacità offensiva con i velivoli senza pilota. È infatti la seconda volta che la remota repubblica della Federazione viene bersagliata dai droni di fabbricazione ucraina. Questo non vuol dire che la situazione sul campo stia volgendo a favore di Kiev, anzi. Volodymyr Zelensky è tornato infatti a lanciare un appello agli alleati occidentali per gli aiuti, necessari per contrastare l'avanzata russa. I soldati ucraini sono talmente stremati da costringere il Presidente a firmare una nuova mobilitazione. E questo vale anche per i russi, che avrebbero perso 50 mila unità nel corso del conflitto, ma che possono, ovviamente, attingere a un bacino molto più ampio. Dopo aver criticato l'occidente per aver dato prova della sua capacità militare nel proteggere Israele dall'attacco iraniano, Zelensky guarda con preoccupazione al prossimo vertice del G7 di Capri, in cui la questione ucraina verrà certamente oscurata dalla più recente crisi mediorientale. E dire che, invece, martedì sembrava essersi aperto uno spiraglio di speranza, quando il Cancelliere Scholz, dopo aver incontrato il presidente cinese Xi-Jinping si era detto fiducioso su una prossima conferenza di pace per l'Ucraina, da tenersi in Svizzera. Il numero uno di Pechino si era dimostrato disposto a ragionare sul tema, tanto da spingere Zelensky a dichiarare che solo Pechino può fare la differenza in questa situazione. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha però provveduto a stiepidire gli entusiasmi con una dichiarazione cauta: per una conferenza di pace c'è ancora molto lavoro da fare.