Mosca è più grande e più forte. Queste le parole che Donald Trump avrebbe pronunciato nel celebre incontro romano con Volodymyr Zelensky al funerale del Papa, e che avrebbero convinto il numero uno di Kiev a sbloccare le trattative sui minerali strategici. Questa è la ricostruzione del Presidente USA e al di là di quanto ci sia di autocelebrativo, non c'è dubbio che in effetti la sigla dell'accordo è giunta a strettissimo giro, appena quattro giorni dopo le solenni esequie di Francesco. Nel dettaglio è stato istituito il fondo di investimento per la ricostruzione USA-Ucraina, cogestita da entrambi i Paesi. Gli Stati Uniti ottengono un accesso privilegiato allo sviluppo delle risorse naturali ucraine, i profitti generati saranno reinvestiti esclusivamente in Ucraina con l'obiettivo di sostenere la sua ricostruzione post bellica. A favore dell'Ucraina il fatto che mantiene il pieno controllo e la proprietà delle sue risorse naturali. La nota dolente, che era stata poi lo scoglio su cui si erano scontrati Trump e Zelensky, l'assenza di garanzie di sicurezza da parte americana. Il premier ucraino Denys Shmyhal, prima ancora della sigla ufficiale, aveva ringraziato gli Stati Uniti e aveva precisato come non ci sia un obbligo di debito. Il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, si è spinto a definire l'accordo una pietra miliare della nostra prosperità condivisa e un passo importante per porre fine a questa guerra. Da parte russa c'è meno entusiasmo, come prevedibile. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev si è limitato a una battuta acida: Trump ha costretto Kiev a pagare gli aiuti. La stella dell'ex delfino di Putin è piuttosto appannata, ma è comunque il primo segnale di un raffreddamento tra Mosca e Washington. Anche se poi la dichiarazione successiva di Trump sembra confermare il sospetto di Mosca. Con questo accordo, ha detto, guadagniamo più di quanto abbiamo speso. .























