La guerra a Gaza è definitivamente finita, dichiara Khalil al-Hayya, capo di Hamas in esilio in Qatar, che mentre in Israele ancora si discuteva sul sì del Governo Netanyahu al piano di pace siglato a Sharm el-Sheikh già rivendicava quanto il movimento terroristico avesse appena mediato al tavolo con Stati Uniti, Turchia e Paesi arabi. Partendo dai punti che rimangono di scontro, anche se la tregua dovesse entrare in vigore e poi reggere, ovvero il rifiuto della proposta di Trump di un consiglio per la pace a Gaza guidato dallo stesso Presidente americano, con l'ex Premier britannico Tony Blair come governatore del territorio, e il disarmo richiesto da Israele. Abbiamo raggiunto un accordo per porre fine alla guerra e all'aggressione, afferma dunque al-Hayya, scampato all'attacco israeliano a Doha che nelle intenzioni di Gerusalemme doveva colpire proprio la delegazione di Hamas con cui adesso ha siglato la tregua. al-Hayya spiega che nel documento proposto dall'amministrazione Trump si prevede la fine dei bombardamenti israeliani su Gaza, il ritiro parziale dell'IDF dalla Striscia, il rilascio di 250 palestinesi condannati a pesanti pene detentive e di altri 1.700 arrestati dopo gli attacchi del 7 ottobre del 2023, insieme a tutte le donne e i bambini. Inoltre il leader di Hamas rivendica l'apertura di un passaggio chiave con l'Egitto, quello del valico di Rafah. Abbiamo ricevuto garanzie dai fratelli arabi mediatori e dall'amministrazione americana sulla fine della guerra, spiega quindi al-Hayya, che chiede anche l'ingresso di 600 camion di aiuti al giorno nella Striscia, per poi terminare affermando: Gaza non sarà mai dei nemici.























