I suoi giornalisti ci avevano provato nella notte, avevano preparato migliaia di copie del suo giornale Apple Daily, una sola pagina nera, ma è stato lo stesso Jimmy Lai, dal carcere, che ha bloccato l'iniziativa: "Fermatevi. Non voglio che anche voi siate arrestati. Siete giovani, avete altro da fare" ha fatto sapere tramite i suoi avvocati. L'ennesimo gesto di coraggio e solidarietà, da parte del tycoon democratico di Hong Kong, proprietario di un impero immobiliare ed editoriale, che oggi mentre sta già scontando una prima sentenza, è stato condannato ad altri 14 mesi di carcere, per aver organizzato due anni fa, manifestazioni non autorizzate. Il tutto mentre la LEGCO, l'Assemblea Legislativa di Hong Kong, approva la riforma elettorale ispirata, se non imposta, da Pechino. Una riforma che istituisce una commissione elettorale, incaricata di verificare i requisiti dei candidati, alle cariche elettive, non solo all'Assemblea quindi e che disporrà del diritto di veto, nei confronti di tutti coloro che non daranno garanzie di patriottismo. "Il cosiddetto principio di un Paese e due sistemi è oramai definitivamente seppellito". Ha commentato Nathan Law, uno dei leader delle proteste, oggi rifugiatosi a Londra. "Pechino è riuscita a cancellare una per una le nostre istituzioni democratiche, senza che il mondo abbia potuto o voluto fare qualcosa".