La bandiera rossa con le stelle, a fianco a quella floreale, la stessa tonalità di rosso come sfondo a sottolineare la continuità e la vicinanza tra le due Cine, quella comunista e quella di Hong Kong. Una cerimonia che per Pechino sarebbe dovuta essere la celebrazione della ricongiunzione nel 25° anniversario del ritorno alla madrepatria, ma che per le migliaia di manifestanti che si sono assiepate fin dalle prime ore del mattino, è stato il via libera a nuove imponenti manifestazioni. La violenza, insomma, è tornata per le strade di Hong Kong e non sembra che cesserà almeno nell'immediato, anche perché la celebrazione del passaggio è sale su una ferita che ancora si deve rimarginare. All'epoca, era il ’97, l'ultimo governatore britannico Chris Patten, prima di riconsegnare l'ex colonia, conquistata a seguito delle Guerre dell'oppio, aveva varato una serie di riforme in senso libertario che la Cina comunista aveva accolto come una provocazione. Certo, gli accordi prevedevano che l'ex protettorato avrebbe avuto uno Statuto speciale per cui i cittadini di Hong Kong, avrebbero goduto di libertà che nella Cina comunista erano semplicemente impensabili. Ma la paura che in un futuro, neanche troppo lontano, sarebbero state smantellate, spinse migliaia di cittadini a mettersi in fila all'Ambasciata britannica per chiedere il passaporto del Regno Unito. Ora, dopo 25 anni di convivenza con Pechino, quel grumo di tensioni che covava è esploso, il motivo è la contestata riforma che avrebbe permesso la estradizioni degli imputato di crimini di essere processati in Cina. La governatrice Carrie Lam, dopo le imponenti proteste delle settimane scorse, ha congelato la proposta, ma per i manifesti non è stato abbastanza. Ora chiedono che la proposta non sia solo ritirata sine die, ma che venga cancellata. Di qui, la deriva violenta delle manifestazioni. Il tentativo di irruzione nel Parlamento, soffocato dalle forze dell'ordine. E ora resta da chiedersi solo quando, non se, si verificheranno nuovi scontri.