In principio fu l’amore: era il 2013 quando Donald Trump, ancor prima di pensare a correre per la Casa Bianca, già lodava Vladimir Putin per la sua intelligenza, la sua leadership, la sua capacità di – per dirla con le parole dello stesso Tycoon – mangiare in testa ad Obama. Poi è arrivata la campagna elettorale e da Mosca gli attestati di stima nei confronti di Trump non sono mancati. Il Presidente russo lo ha definito sgargiante e ha lodato pubblicamente e a più riprese la sua intenzione di rafforzare i legami fra Russia e gli Stati Uniti, ma non solo. È a Putin e alla Russia che il candidato Trump si appella quando iniziano a venire fuori i primi episodi di hackeraggio che colpiscono l’avversaria democratica Hillary Clinton. Trump invita il Cremlino a continuare a spulciare e rendere pubbliche le e-mail dell’entourage della Clinton, salvo poi, una volta eletto, mostrarsi molto più cauto sull’eventualità che la Russia abbia provato ad interferire nelle elezioni americane nonostante i chiari rapporti dell’intelligence al riguardo. Una volta nello Studio Ovale, però, la vicinanza con Putin si è rivelata un boomerang più che una rampa di lancio, soprattutto man mano che i suoi più stretti collaboratori venivano coinvolti nel Russiagate. L’ingerenza di Mosca e i contatti con i fedelissimi di Trump hanno infatti dato il via ad un’inchiesta dell’Fbi ancora in corso che è arrivata addirittura a far intravedere il fantasma dell’impeachment man mano che il cerchio si è stretto attorno ai collaboratori del Presidente: da Michael Flynn, che si è dovuto alla fine dimettere proprio a causa del Russiagate dal suo incarico di Consigliere per la Sicurezza nazionale, fino al genero, Jared Kushner. I rapporti con Mosca sono diventati terreno minato e da qui le prese di distanza, a partire da quelle geopolitiche, con l’attacco americano alla base aerea siriana, come rappresaglia per il presunto utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Bashar al-Assad, passando per le tensioni con la Corea del Nord. Le mosse di Trump sono state in netta distanza e contrapposizione rispetto agli auspici del Cremlino, fino alle ultime dichiarazioni in cui il Presidente americano ha definito Mosca aggressiva e destabilizzante. Da qui l’importanza dell’incontro di ieri ad Amburgo in cui i due hanno deciso un cessate il fuoco nel sud-ovest della Siria e hanno parlato anche delle ingerenze russe nelle elezioni americane, che Putin ha sostenuto essere prive di fondamento. È durato oltre due ore il primo faccia a faccia fra i due leader, apparentemente molto diversi per storia politica e per esperienza, ma che condividono una passione comune: quella per il potere e per una leadership forte che non ha orecchie né attenzione per i detrattori.