Trump fa della sua imprevedibilità un punto di forza, un po' da sempre. In tutta la sua carriera, non solo politica, anche quella imprenditoriale che ha preceduto gli ultimi 10 anni di avventura politica, e non è vincolato, diciamo, da quelli che sono, non so, dei paletti ideali entro i quali restare. È molto pragmatico, cerca soluzioni che siano plausibili pur di arrivare a un risultato, non apprezza le complessità, cerca anche di semplificare molto. Diciamo che queste due mosse che ha fatto, sull'Ucraina prima e adesso su Gaza, sono un po' un segnale di tentare di riposizionare quello che è stato l'approccio che ha tenuto fin dalla campagna elettorale dell'anno scorso sulla soluzione di queste due crisi. Colpisce l'articolazione del piano, come tu dicevi. Un piano in 20 punti, che poi si è anche arricchito dopo l'incontro con Netanyahu alla Casa Bianca, ciascuno di questi punti sono andati ad arricchirsi ancora di più. Sembra un percorso un po' più solido del passato. Ricorda un po' il Trump dei tempi degli "Accordi di Abramo", che comunque si era concentrato sulla Regione con un approccio un po' diverso. Bisogna vedere se questo poi è il Trump definitivo o se, di fronte magari a queste prime reazioni di Hamas sull'improbabilità di rispondere, non salti fuori un altro Trump ancora.























