Gli Stati Uniti democratici dichiarano guerra alla scoperta dell’America, decapitandone il simbolo per metterne in dubbio la grandiosità dell’impresa e insinuare il sospetto che Cristoforo Colombo in realtà non sia altro che il primo colonizzatore del continente. È un’ondata di revisionismo, quella che ha travolto il Paese a stelle e strisce, in cui i miti di una volta sono diventati la vergogna di oggi. Prima è toccato ai monumenti dedicati ai generali sudisti, adesso alle statue di Cristoforo Colombo. Sono state vandalizzate a Houston prima dell’arrivo di Harvey, a Baltimora, a Chicago, ma anche nelle aree intorno a New York. E proprio nella Grande Mela è nel mirino la più celebre di tutti, il monumento di ventitré metri di altezza al centro di Columbus Circle, una delle mete predilette dal turismo mondiale perché principale porta di accesso su Central Park. In odore di campagna elettorale – a novembre ci saranno le elezioni per il sindaco di New York e De Blasio punta al secondo mandato – il primo cittadino tradisce le sue origini italiani e ha annunciato una revisione di tutti i simboli dell’odio della città e ordinato una commissione per individuare, entro novanta giorni, e nel caso rimuovere i casi controversi. Si guarda già al Columbus Day, la parata che sfila il secondo lunedì del mese di ottobre, e se sulla costa ovest a Los Angeles il consiglio comunale ha deciso di sostituirlo con il giorno dei popoli indigeni, l’Indigenous Peoples’ Day, 4.500 chilometri più a est De Blasio è ritornato sui suoi passi e ha fatto sapere che quel giorno sarà sulla Quinta Strada tra le persone della comunità italoamericana. Mappa degli Stati Uniti alla mano, il prossimo obiettivo potrebbe essere direttamente la capitale, in quanto nel nome il nemico da battere, Washington DC, in cui DC sta per District of Columbia.