Quando si è scritta l'agenda di questo G7, tra le Montagne Rocciose dell'Alberta, le priorità sembravano essere solo Ucraina e dazi, crisi che ora restano sullo sfondo sorpassate dal Medio Oriente e dalla preoccupazione per quanto sta accadendo tra Israele e Iran. La parola d'ordine è una sola: evitare l'escalation, anche se gli sherpa ammettono che in questo momento hanno pochi elementi su cui lavorare. Mai come in questo caso la discussione sarà solo e davvero a livello di leader, per capire chi ha capito meglio le intenzioni di Netanyahu e fino a dove vuole arrivare. Ma soprattutto si può fermare? Trump può e vuole fare qualcosa? Domande a cui si proverà a dare risposta senza alcun lavoro preparatorio. Ed ecco che se sul conflitto tra Mosca e Kiev non si è raggiunta una posizione comune, gli americani non ci stanno a definire aggressore la Russia in una fase negoziale che considerano non chiusa, la crisi in Medio Oriente impone un messaggio di unità. Un vertice che segna il ritorno del presidente americano, ma cancelliere Merz, il premier britannico Starmer e il giapponese Ishiba. C'è anche il rischio di qualche passo falso. Trump arriva in un paese che vorrebbe trasformare nel suo cinquantunesimo stato. Macron fa tappa in Groenlandia sfidando le mire del tycoon. Carney ha dichiarato la fine della predominanza USA. In Canada è già arrivata Giorgia Meloni. L'Italia ha lavorato per avvicinare Trump a von der Leyen sui dazi ed ora proverà a fare altrettanto sul Medio Oriente, affinché ci sia un canale di dialogo con tutti, anche in un momento di alta tensione, in modo da far ripartire una fase negoziale non appena si interromperà quella bellica. Andrea Bonini, Sky TG 24, BANF. .