Non si fermano le proteste anti regime in Iran. Dalla morte di Masha Amini, tre mesi fa dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per aver violato il rigido codice di abbigliamento della Repubblica islamica, nulla, nemmeno le condanne a morte, due già eseguite, sono finora riuscite a fermare l'onda delle manifestazioni quotidiane. Ma il regime continua a soffocarle. Anche ieri, ultimo giorno dell'anno, un manifestante un ragazzo di 22 anni è stato ucciso nella città curda di Javanrud, è un paramilitare nel centro dell'Iran, era un membro dei Bassij, le milizie affiliate alle guardie rivoluzionarie. Una repressione spietata sia in piazza contro i manifestanti, sia nella vita quotidiana di chi non si adegua ai rigidi schemi morali. E oggi, che la repubblica islamica ha bisogno di mostrare il volto più duro, nemmeno le feste in casa sono più tollerate, ma considerate fuorilegge. Proprio nel corso di una festa a Teheran, presenti uomini e donne, sono stati arrestati diversi calciatori di una delle principali squadre della capitale, perché avevano consumato alcol. E la legge iraniana vieta consumo e vendita di alcolici. E non si può dimenticare come molti calciatori abbiano espresso apertamente il loro dissenso al regime. Così come ha fatto Sara Khadem, la scacchista che ai recenti mondiali in Kazakhistan ha giocato senza l'hijab obbligatorio. Una scelta inequivoca per mostrare la sua vicinanza ai manifestanti, scelta che le è costata il disconoscimento; per il regime iraniano infatti, Sara ad Almaty, non ha rappresentato il suo Paese ma ha giocato da indipendente. Non tornerà a casa, troverà rifugio in Spagna, in un posto tenuto segreto.