Ayodhya, la città indiana che nasce lungo il fiume Karnali, al confine con il Nepal, ritenuta dai fedeli indù il luogo di nascita del dio Rama, una delle incarnazioni di Vishnu, il dio della distruzione. È qui che il premier Modi ha inaugurato il tempio dedicato a Rama con l'obiettivo, come ha dichiarato lui stesso, di fare di Ayodhya la capitale religiosa del paese. Ma per gli oppositori del suo partito nazionalista, il Bjp, il Bharatiya Janata Party, è un modo per fare della democrazia più popolosa del mondo in cui la Costituzione garantisce il rispetto della pluralità dei credo religiosi che costellano il subcontinente, uno stato in cui una sola religione, quella induista, verrà riconosciuta. Del resto questa è l'idea mai celata dietro le politiche di Modi e del Bjp. E la costruzione di questo tempio ne è la dimostrazione. Le fondamenta sono quelle della moschea costruita nel XVI secolo che nel 1992 venne distrutta da una folla inferocita di estremisti indù. Seguirono anni di rivolte in tutto il paese in cui morirono almeno 2.000 persone. Solo la Corte Suprema indiana ha posto fine alla disputa rendendo possibile la costruzione del tempio. Ecco perché oggi il presidente Modi aveva accanto il monaco integralista Yogi e Mohan Bhagwat, il capo della Rss, la formazione estremista induista paramilitare dalle cui fila proviene lo stesso premier e che sostiene le politiche del Bjp. Un momento fondamentale che cambierà il corso della storia del paese e dell'induismo, ha ribadito il premier. La campagna per le elezioni generali che si terranno fra aprile e maggio è iniziata.