Diplomazia dello Shuttle. Per sedici mesi i funzionari dell'Unione europea hanno fatto spola, sia pur per vie informali, tra i due protagonisti, obiettivo: ricucire lo strappo tra Stati Uniti e Iran sul nucleare. Lo scorso 8 Agosto la svolta sembrava vicina con le ultime correzioni di Teheran alla bozza preparata dagli occidentali per ripristinare gli accordi del 2015, stracciati da Donald Trump, ma oltre due settimane più tardi il traguardo sembra spostarsi almeno nelle parole del portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, "Gli americani stanno procrastinando e c'è un'inazione da parte europea", la sua accusa. "America ed Europa hanno bisogno di un accordo più dell'Iran", sottolinea ancora Nasser Kanani. In parallelo corre il tema sensibile dello scambio di prigionieri dei diritti umani, tema tassativo per Washington che non ha affatto gradito le esultazioni della suprema guida spirituale Ali Khamenei per l'attentato subito da Salman Rushdie, oggetto di una fatwa trentennale lanciata dal defunto Khomeini contro lo scrittore accusato di blasfemia. Da Teheran, non a caso, per bocca del portavoce del Ministero degli Esteri, l'invito agli Stati Uniti a distinguere la trattativa per il reciproco scambio di prigionieri e diritti umani, una sorta di implicito invito a non bloccare l'accordo sul nucleare congelato sulla scia dell'indignazione per la vile aggressione a Rushdie e a non permettere alla parte più reazionaria della teocrazia di prendere il sopravvento su Teheran.























