Il suo nome è Olivier Vandecasteele, è un operatore umanitario belga e si trova in carcere dalla fine di febbraio scorso. Le accuse contro di lui sono di spionaggio e cooperazione con gli Stati Uniti per questo è stato condannato a quasi 28 anni di carcere e ha un'aggiunta di 74 frustate per riciclaggio di denaro, sì frustate. Fra poco cadranno i quattro mesi dall'inizio delle proteste e il bilancio si aggrava ogni giorno che passa, in mancanza di dati ufficiali ci atteniamo alle stime fatte dall'organizzazione Iran Human Rights, che ha sede in Norvegia, secondo cui il numero dei manifestanti uccisi ha superato quota 480, fra loro si contano 35 donne e 64 minorenni e, avverte l'organizzazione, potrebbero essere numeri sottostimati. Intorno ai 110 sono invece i manifestanti arrestati che rischiano l'impiccagione e anche qui i dati sono incerti soprattutto perché le famiglie, nello sforzo di salvare la vita dei loro figli, non ne denunciano la scomparsa. Dopo la doppia impiccagione di sabato scorso che ha fatto salire a quattro il totale delle esecuzioni portate a termine, negli ultimi giorni altre persone sono state condannate a morte, l'ultimo, il diciassettesimo, è un ragazzo accusato di aver guidato un gruppo di rivoltosi in una città del nord dell'Iran, in incidenti in cui sono rimasti uccisi anche alcuni agenti di Polizia. Altre persone sono invece state condannate a lunghe pene detentive, come l'ex calciatore Amir Nasr Azadani, che dovrà passare in carcere un arco di tempo equivalente alla sua età, 26 anni, o come Faezeh Hachemi Rafsanjani figlia dell'ex Presidente iraniano e attivista per i diritti delle donne, condannata in primo grado a cinque anni per incitamento ai disordini. Da registrare, intanto, una nuova dura presa di posizione da parte dell'Alto Commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani che dice: "L'utilizzo delle procedure penali come arma per punire le persone che esercitano i loro diritti fondamentali equivale a un omicidio".