Fumo denso e nero, si saprà poi carico di sostanze tossiche visibili da oltre 50 chilometri di distanza, come l'esplosione udita per decine di chilometri, schegge di vetri, macchine spostate dalla forza d'urto, un palazzo adibito ad uffici distrutto, un'esplosione talmente potente da ricordare una bomba. Ad essere colpito il porto di Shahid Rajaee, vicino a Bandar Abbas, nel Raja Shahar, Iran meridionale, con quattro morti e oltre 500 feriti. L'entità dei danni è enorme, le cause sono ancora da accertare. A saltare in aria sarebbe stato, secondo una prima ipotesi, un deposito di carburante, ma c'è anche un'altra possibilità, secondo l'agenzia Al-Tasar, quella di una esplosione su una petroliera, mentre era ferma al molo nord. Una deflagrazione che ha danneggiato e bloccato tutto il terminal container, tecnologicamente il più avanzato del paese. Poco distante, una base della Marina delle Guardie della Rivoluzione, l'esplosione in una zona calda, lo Stretto di Hormuz, al centro tra il Golfo Persico e il Golfo dell'Oman, dove passa un quinto della produzione mondiale di petrolio. Il Procuratore Generale Iraniano, Mohammad Movahedi, ha ordinato un'indagine rapida e precisa, poco prima che a Muscat in Oman, iniziasse il terzo round di colloqui sul nucleare tra delegazioni di USA ed Iran. Colloqui che sembra si siano fatti seri, molto più seri. A dirlo è il Ministro degli Esteri iraniano Araghchi, che ha tenuto a sottolineare le grandi distanze tra le posizioni sul programma di sviluppo del nucleare, e fa ben sperare l'appuntamento già deciso per il prossimo round a stretto giro, il 03/05, per un nuovo incontro tra le delegazioni di Iran e Stati Uniti sullo sviluppo del nucleare. .