Si aggrava di ora in ora il bilancio dopo l'enorme esplosione avvenuta ieri nel più grande porto commerciale dell'Iran a Bandar Abbas, nel sud del paese. I morti sarebbero almeno 25 con più di 800 feriti. Ancora non sono chiare le cause della deflagrazione che ha causato una serie di incendi. I vigili del fuoco locali non riescono a domare le fiamme che potrebbero essere partite da un deposito di perclorato di sodio, un componente fondamentale del combustibile per missili, come ha rivelato al New York Times, in condizione di anonimato, una fonte legata al corpo delle guardie della rivoluzione dell'Iran i Pasdaran. Il regime ha avviato un'indagine sull'incidente che ha avuto luogo proprio mentre in Oman si svolgeva il terzo round dei negoziati fra Teheran e Washington sul futuro del programma nucleare iraniano. Israele nega attraverso le dichiarazioni dei suoi funzionari ogni coinvolgimento, dopo che in passato era stato accusato di aver condotto un attacco cyber sullo stesso porto nel 2020. Le infrastrutture dello scalo, secondo esperti citati in queste ore da media israeliani, sarebbero fondamentali non soltanto per il commercio e l'industria petrolchimica del regime, ma anche per l'economia di guerra iraniana. Le guardie rivoluzionarie lo userebbero infatti per inviare armi ai propri alleati, i gruppi armati, come Hezbollah in Libano e gli houthi in Yemen. .